
VENERDI’, 2 MAGGIO, I RAPPRESENTANTI DI CLASSE DEL LICEO SERENI HANNO INCONTRATO IL FILOSOFO FABIO MINAZZI
L’iniziativa è stata promossa dall’Anpi e dall’Amministrazione comunale nell’ambito delle celebrazioni per l’80° anniversario della Liberazione
Vi troverete davanti a scelte importanti nella vita: state dalla parte della libertà e della democrazia!
Luino, 2 maggio 2025: è un venerdì particolare, quello che vede gli studenti del liceo scientifico Vittorio Sereni, con la città invasa dai turisti e i lavoratori a casa per ponte del 1° maggio, regalando quattro giorni di vacanza a tutti, o quasi... Già, perché loro, gli studenti e i loro insegnanti, sono regolarmente a scuola e questa giornata scolastica dalle temperature gradevoli appare stridente rispetto alla voglia di godersi il sole quasi estivo, lasciandosi contagiare dall’ozio collettivo.
Questa mattina meriterebbe una pausa, prima del rush finale verso la fine dell’anno scolastico, così un accordo tra docenti e Istituzioni ha permesso una piccola ricompensa: una passeggiata che ha consentito ai rappresentanti di classe di scendere a lago, verso Palazzo Verbania, dove li attendeva il prof. Fabio Minazzi, per parlare loro “Sulla moralità dell’antifascismo”, secondo incontro, dopo quello del 7 aprile con il prof. Antonio Maria Orecchia che ha trattato “La prima Repubblica e gli Anni Settanta”.
A Ester De Tomasi, presidente dell’ANPI provinciale, il compito di rivolgere i ringraziamenti di rito al preside del liceo scientifico Sereni David Arioli, all’Amministrazione comunale luinese, ad Emilio Rossi presidente di ANPI Luino, ad Antonio Cuomo, alla Casa delle donne di Gallarate, a Fabio Minazzi e a Stefano Tosi, che ha alternato l’intervento del relatore con alcuni canti partigiani.
HA ANCORA SENSO PARLARE DI RESISTENZA?
Ha ancora senso parlare di Resistenza e di Lotta di Liberazione, dopo 80 anni? «Rischiamo di trasformare questi fatti come un incidente della Storia» ha esordito il sindaco di Luino Enrico Bianchi introducendo la conferenza e ricordando le parole di David Sassoli, ex giornalista, vicedirettore del TG1, europarlamentare e presidente del Parlamento Europeo dal 2019 fino alla sua morte, avvenuta nel gennaio 2022 all’età di 65 anni.
Nell’estate 2021 Sassoli visitò il campo di concentramento di Fossoli, principale punto di transito per la deportazione in Germania di ebrei e oppositori politici del regime.
In quell’occasione, in riposta a quell’orrore espresse il suo amore per l’Europa attraverso una semplice domanda: "Vi siete mai chiesti perché i regimi autoritari temono così tanto l'Europa? Non facciamo la guerra, non imponiamo il nostro modello.
E allora, perché si preoccupano di noi? Vi è un solo motivo.
I valori europei mettono paura, perché le libertà consentono uguaglianza, giustizia, trasparenza, opportunità, pace. E se è possibile in Europa, è possibile ovunque. Non dimentichiamoci di quello che siamo, di quanta voglia di Europa vi è nel mondo."
LUINO, CITTA’ ACCOGLIENTE
«Luino è una città accogliente e questa occasione ci permetterà di fare analisi più approfondite, - gli ha fatto eco il sindaco Bianchi - anche per capire ciò che sta accadendo oggi in Italia e in Europa.
Mi auguro che sia una giornata durissima: di studio, ma con un taglio e con riflessioni che potranno essere utilizzate anche nelle attività didattiche quotidiane».
UNA PRESENZA SIGNIFICATIVA
La presenza della De Tomasi è stata particolarmente significativa, quale testimone del ricordo doloroso di coloro i quali, anche nel nostro territorio, ebbero il coraggio di ribellarsi al nazifascismo scegliendo la via della montagna e dell’esilio, come fece suo padre Sergio De Tomasi.
Subito dopo l’8 settembre 1943 egli raggiunse i partigiani del col. Carlo Croce sul monte San Martino, in Valcuvia, dove, tra il 13 e il 15 novembre si combatté una delle prime sanguinose battaglie partigiane d’Italia e successivamente fu deportato prima a Fossoli, poi a Mauthausen e infine a Gusen.
Successivamente, grazie all’ANPI provinciale di Varese e con il supporto della storica Francesca Boldrini, “nonno Sergio” incominciò a portare la sua testimonianza nelle scuole.
COME DEFINIRE LA FILOSOFIA?
Come si può definire la Filosofia? Esordisce Minazzi: «È quella cosa con la quale e senza la quale tutto rimane uguale».
E questa frase di sapore popolare ci fa capire che questa lezione seguirà un percorso diverso dagli altri.
È un linguaggio per immagini, il suo, in grado di farci compiere questa passeggiata nella Storia attivando una sorta di effetto moviola, con continui salti tra passato e presente narrati con la leggerezza di un racconto per bambini e navigando con l’ausilio di sapienti metafore, sotto la guida di una bussola infallibile, quella dei ricordi, senza dimenticare che si tratta comunque di una “lectio magistralis” impegnativa sul concetto di politica, la quale deve inginocchiarsi di fronte alla morale, benché a volte sia priva di moralità.
LE CANZONI DELLA RESISTENZA DI STEFANO TOSI
“Vott setember sunt scapà,/hu finì de fa el suldà,/al paes mi sunt turnà,/disertore m'han ciamà./De sul treno caregà,/n'altra volta sunt scapà,/in montagna sono andato, ma l'altr'er//cui ribelli m'han ciapà.”
Recitano alcuni versi della canzone “Sei minuti all’alba” di Dario Fo ed Enzo Iannacci che sintetizzano lo stato d’animo degli italiani dopo l’8 settembre: la stragrande maggioranza festeggia pensando che la guerra sia finita; invece, si sta entrando in uno dei momenti più terribili e drammatici della nostra Storia.
«Non c’era la percezione che l’Italia sarebbe stata occupata dai tedeschi, tuttavia ci fu una corsa per recuperare armi abbandonate nelle caserme e molti soldati scelsero di diventare partigiani per recuperare l’indipendenza dell’Italia».
PARTIGIANI E RETE DI SOLIDARIETA’
I partigiani sono inseriti in una rete di solidarietà, operando nel cuore delle città occupate dai nazisti, permettendo all’Italia di ritrovare la propria indipendenza, partendo da Napoli, la prima ad insorgere con un assalto ai forni di manzoniana memoria.
Molteplici saranno le vicende che coinvolgono anche il nostro territorio, come quella di Liliana Segre, oggi senatrice a vita e testimone della Shoah, cittadina onoraria di Luino con voto unanime dal 28 novembre 1919, la quale, tredicenne, fu respinta con il padre, ad Arzo, nel Mendrisiotto.
Dobbiamo imparare ad operare all’interno della complessità, facendo i conti con un profondo cambiamento sociale; con quelle brigate formate da ragazzi giovanissimi, molti dei quali non avevano idee politiche precise, incominciando comunque a costruire la nuova Italia raccogliendo posizioni diverse, ma unite su un unico obiettivo: quello di creare una nazione più democratica e giusta.
IDEALI IRREALIZZATI?
Si pensa forse alla costruzione di una dittatura del proletariato, di una società di liberi e uguali?
Al termine della Resistenza questo mutamento sociale non avviene; si tratta di una sorta di sogno tradito, perché al cambiamento politico dovrebbe corrispondere la costruzione di una società diversa.
Ma allora, si chiede Minazzi, viene prima lo Stato o il cittadino?
Quando crolla il fascismo lo Stato rinasce, ma deve vivere di normative e codici.
Il codice Rocco, per esempio, viene scritto negli anni ’30, gli “anni del consenso”, ma come si può parlare di consenso senza libere votazioni, in un regime nel quale gli Italiani si riconoscevano senza aver compreso il tranello?
Ancora oggi la nostra Costituzione viene definita “bella e impossibile”, perché contiene alcune contraddizioni, visto che proprio il codice Rocco interagisce con essa, pur non essendo direttamente inserito nella legge fondamentale dello Stato.
I PROFESSORI UNIVERSITARI COSTRETTI AL GIURAMENTO DI FEDELTA’ AL REGIME
Poi la moviola va di nuovo a ritroso, fermandosi a quel 1931 quando 12 professori universitari su 1225 rifiutano il giuramento di fedeltà al regime fascista, obbligatorio per tutti i docenti.
Questo comporterà la loro destituzione e il licenziamento.
Noti come "i dodici che non giurarono", diventano un simbolo di opposizione intellettuale al fascismo.
L’Università dell’Insubria è l’unica che possiede una targa con i nomi di quei 12 “magnifici” uomini morali: Francesco Ruffini, Mario Carrara, Lionello Venturi, Gaetano De Sanctis, Piero Martinetti, Ernesto Buonaiuti, Giorgio Errera, Vito Volterra, Giorgio Levi Della Vida, Edoardo Ruffini Avondo, Fabio Luzzato, Bartolo Negrisoli.
Che dire degli altri docenti?
Il popolo, con profonda saggezza, tradusse PNF (Partito Nazionale Fascista) con “Per Necessità Familiari” per giustificare quel giuramento meschino: «Quei professori furono acquiescenti, perché non difesero l’Università nella sua struttura ed è un debito che abbiamo nei riguardi di quei pochissimi uomini morali».
IL SENSO DELLA GUERRA CIVILE DEGLI ITALIANI
Citando “Una guerra civile.
Saggio storico sulla moralità nella Resistenza”, Minazzi ci esorta ad alcune riflessioni: esiste una guerra definibile “normale”?
Che cosa succede quando uno Stato va contro un altro Stato?
Semplicemente si riceve una cartolina di precetto, di fronte alla quale, se non ci si presenta, si viene considerati disertori e fucilati.
Dunque, la vita di quel cittadino appartiene allo Stato.
La guerra civile, invece, rovescia la situazione, mentre l’adesione alla Repubblica Sociale lascia intuire la possibile sconfitta dei fascisti, al punto che una donna italiana non farebbe l’amore con un repubblichino perché non c’è futuro; il nazifascismo è destinato a crollare, quindi fuggire in montagna significa sottrarsi ad una possibile fucilazione.
Secondo il filosofo Kant le guerre tradizionali sono la cosa più facile da attuare: armiamoci e partite.
In una guerra civile, invece, chi combatte lo fa scegliendo in prima persona, con assunzione di responsabilità.
Responsabilità morale dei partigiani che emerge dalla lettura delle loro lettere: “Vado a morire con dignità... perché so che voi mi vendicherete” Scrivevano.
Le riflessioni del prof. Minazzi scavano sempre più a fondo, citando la coerenza di Socrate rispetto al suo allievo Critone, che tentava di convincere il maestro a fuggire dal carcere per evitare la pena di morte: è il rispetto delle norme, invece, che induce il filosofo greco ad accettare la sentenza, sebbene ingiusta, perché le norme condivise possono sopravvivere solo se i consociati rispettano le regole, anche quando sono errate.
LA SCHIERA DEL NON VOTO
L’ultimo salto nel tempo riporta i presenti all’amara realtà dei giorni nostri, nella constatazione che nelle grandi democrazie occidentali meno del 50% degli aventi diritto si reca a votare: «Vi auguro che voi sappiate essere cittadini morali, con la capacità di dire un no irremovibile, come fecero i partigiani» Esorta Fabio Minazzi, prima di congedarsi, mentre nelle nostre orecchie risuona il ritornello di quel canto raccolto da Dario Fo nell’autunno del ’43 in un’osteria di Porto Valtravaglia, (ma chissà, forse il testo è proprio suo, del futuro premio Nobel): “Se non ci ammazza i crucchi/Se non ci ammazza i bricchi/I bricchi ed i crepacci/E il vento di Marenca/Se non ci ammazza i crucchi/Se non ci ammazza i bricchi/Quando saremo vecchi/Ne avrem da raccontar/Quando saremo vecchi/Ne avrem da raccontar...”